Trattamenti e applicazioni

La termoablazione con radiofrequenza è una tecnica mini-invasiva che rende possibile l’ablazione parziale o completa di tumori maligni nei vari distretti corporei dell’organismo.

La tecnica si attua con l’introduzione sotto guida radiologica (TC, Ecografia o RM) di uno o più aghi al centro del tumore. L’ago, collegato ad un generatore di radiofrequenza , emette una radiazione elettromagnetica in grado di trasmettere elevate quantità di energia che distrugge i tessuti circostanti attraverso il calore.

Nell’ultimo decennio questa tecnica è stata sviluppata nel trattamento dei tumori maligni del fegato con risultati soddisfacenti. Nella Sezione di Radiologia Interventistica dell’Ospedale Oncologico di Cagliari si è perfezionato negli ultimi anni il trattamento con le radiofrequenze (RF) di tumori localizzati in sedi extraepatiche, in particolare nel polmone, nel mediastino, nella pelvi, nel rene, nel surrene e nell’osso, sia a livello vertebrale che extravertebrale.

Di seguito viene presentata la tecnica di termoablazione polmonare con radiofrequenze di una metastasi da tumore del colon.

Termoablazione polmonare con RF

Si tratta di una nuova tecnica di termoablazione dei tumori che utilizza un ago (antenna) che una volta inserita all’interno del tumore viene collegata ad un generatore di microonde, cioè onde eletteromagnetiche ad altissima energia, con generatore predisposto per onde a 2450 Mhz  (il sistema è 50 volte più potente dei sistemi precedenti che utilizzano generatori a radiofrequenza a 480 Khz). La potenza generata (fino a 140 watt) determina l’agitazione delle molecole d’acqua presenti  nei tessuti,  con conseguente immediata produzione di elevate quantità di calore. Quindi il riscaldamento a microonde non necessita del passaggio di corrente elettrica nè della diffusione passiva del calore.

La lesione che genera non è influenzata dalla disomogeneità del tessuto essendo molto efficace anche nel polmone e nell’osso. Il sistema a microonde può essere utilizzato anche in Risonanza Magnetica al contrario delle RF che influenzano il campo magnetico.

Il riscaldamento del tessuto da ablare è uniforme, genera alte temperature (fino a 160°C) dopo pochi secondi ed è in grado di ottenere estese aree di necrosi in pochi minuti. L’enorme potenza è un vantaggio in quanto si ottengono estese lesioni in poco tempo (un tumore di 4 cm viene distrutto in meno di 10 minuti).

La grande potenza del dispositivo è però anche la sua debolezza in quanto il sistema può determinare delle lesioni irreversibili, anche molto gravi,  se posizionato ed applicato in maniera errata. Le microonde qundi sono molto efficaci ma il loro utilizzo è consigliato solamente a personale con lunga (anni) esperienza e con specifica competenza nel settore delle ablazioni percutanee guidate con le immagini.

Prova con microoonde su fegato di maiale:

a) fegato utilizzato per la prova (fig.1)

b) in 1 si posiziona antenna da microonde con parte attiva di 3,7 cm, cioè la capacità dell’antenna di creare una necrosi coagulativa, omogenea, del tessuto esposto, per cm 4 x 2 (fig. 2). La durata del trattamento per ottenere tale necrosi è di 10 minuti a 45 watt.

c) sezione dell’area esposta per 10 minuti alle microonde con potenza di 45 watt. Area di necrosi ottenuta, del diametro non inferiore a 4 cm, con limiti della necrosi  perfettamente lineari (cioè con scarse possibilità di danneggiare i tessuti oltre i 4 cm di diametro). Inoltre la necrosi è omogenea, cioè nel contesto della stessa non si osservano zone di risparmio (fig.3).

La crioablazione (crioterapia, criochirurgia) si basa sul principio che il congelamento dei tessuti con temperature inferiori a – 20 gradi C°, seguito da lento scongelamento, causano uno shock termico con conseguente morte cellulare.

La tecnica, altamente innovativa, viene eseguita in anestesia locale, ed è già stata sperimentata con successo nel trattamento dei tumori maligni del rene e della prostata.

Tale procedura risulta indicata anche nel trattamento dei tumori maligni del polmone, del mediastino, del fegato, della mammella  e dell’osso.

I crioaghi vengono posizionati all’interno del tessuto da trattare sotto guida radiologica. Possono essere inseriti fino a 20 aghi attivabili contemporaneamente con potenziale distruzione di tumori di grandi dimensioni (anche superiori a 10 cm) in unica seduta. Posizionato il crioago all’interno del tumore si fa scorrere del gas argon all’interno dell’ago che determina il rapido congelamento del tessuto. Dopo 8/10 minuti di congelamento del tumore, attraverso gli stessi aghi si determina col gas elio il rapido scongelamento della sfera di ghiaccio (ice ball). Si ripete il ciclo completo di congelamento – scongelamento per  2 volte ed il trattamento, della durata di 1 ora circa, può considerarsi concluso.

La terapia non provoca dolore (se non quando si inserisce il crioago) e viene eseguita in anestesia locale con paziente sveglio e perfettamente collaborante. La degenza è breve (1-2- giorni) ed il trattamento è ben tollerato con scarse complicanze. Come tutte le procedure ablative il trattamento di crioablazione può essere ripetuto nei casi di distruzione incompleta del tumore o quando presente una ricrescita tumorale.

Nei tumori polmonari e del mediastino la temperatura raggiunta all’interno del tumore durante la crioablazione, nei casi trattati nel nostro ospedale, è stata di    – 41°C; è stato possibile misurare queste temperature inserendo al centro del tumore un ago detto “termocoppia”. Il raggiungimento di temperature tissutali così basse garantiscono l’avvenuta necrosi della neoplasia. Questo perché:

a    0°C  l’acqua diventa ghiaccio

a  – 7°C  si ghiaccia il liquido extracellulare schiacciando le cellule

a  – 15°C si ghiaccia il liquido intracellulare che rigonfia le cellule

a  – 40°C ogni processo metabolico cellulare cessa.

Quindi con il raggiungimento di temperature così basse la distruzione tumorale è assolutamente certa. In alcuni tessuti (es rene) la distruzione tumorale completa si ottiene con temperature meno basse (si usano – 20° C).   Questa tecnologia, altamente innovativa, è stata messa a punto da pochi anni in Israele. Rispetto alla Crioterapia che l’ha preceduta le differenze sono notevoli, in particolare:

  1. utilizzo di crioaghi  notevolmente più sottili con minor rischio di provocare danni durante l’inserimento dell’ago ;
  2. utilizzo dell’argon come gas per formare il ghiaccio (prima si usava  l’azoto liquido ma con difficoltà nel calibrare le dimensioni dell’ice ball e quindi la necrosi, con rischi molto maggiori di provocare lesioni durante il trattamento come per esempio la frattura dell’ice ball).
  3. assenza della fase di scongelamento (bisognava aspettare che il ghiaccio scongelasse spontaneamente con allungamento dei tempi di trattamento e peggioramento delle condizioni cliniche in caso di reazioni indesiderate).
  4. Possibilità col sistema attuale, di ottenere degli iceball di dimensioni diverse (fig. 1) e quindi diversa entità nella necrosi.
  5. Controllo computerizzato, costante, di tutte le fasi della procedura (fig.2).

La procedura di crioablazione è particolarmente indicata in tutte quelle situazioni in cui il tumore risulti situato vicino ad organi vitali (tonchi nervosi, midollo spinale, cute) dove l’uso della termoablazione esporrebbe il paziente al pericolo di gravi lesioni.

Attualmente nel Centro oncologico di Cagliari la crioablazione viene impiegata con successo nel tumore del polmone, del mediastino, nelle metastasi ossee situate in sedi particolarmente critiche (corpo vertebrale, base del cranio, addome, mammella, pancreas, surrene).

L’utilizzo di questa procedura, iniziata nel mese di marzo del 2008 ha consentito di trattare più di 80 pazienti, molti dei quali non potevano eseguire più nessun altro tipo di trattamento.

La vertebroplastica è una procedura innovativa di radiologia interventistica impiegata in campo oncologico nel trattamento delle fratture dovute a tumori primitivi o secondari (metastasi) delle ossa. La procedura viene efficacemente impiegata anche nel trattamento dei tumori benigni (angioma vertebrale doloroso o invsivo, osteoma osteoide). La vertebroplastica viene utilizzata da più di 10 anni per curare le fratture su base osteoporotica con scomparsa completa e duratura del dolore in più del 90% dei casi.

La vertebroplastica consiste nella somministrazione di uno speciale “cemento” biocompatibile (polimetilmetacrilato- PMMA), già usato in campo ortopedico, attraverso una cannula precedentemente posizionata con guida fluoroscopica e TC, dentro una cavità tumorale ossea. Lo scopo è quello di ridurre il dolore, presente nella quasi totalità dei casi, prevenire o consolidare le fratture ed impedire l’ulteriore crescita tumorale nella sede trattata. La tecnica è indicata anche per il trattamento di fratture vertebrali dovute ad osteoporosi.

Spesso la vertebroplastica viene associata alla radioterapia (RT) nel trattamento delle metastasi ossee con miglioramento della risposta antalgica e tumoricida. Con il rinforzo della struttura trabecolare ossea esercitata dal cemento si previene inoltre la comparsa di ulteriori fratture nella sede trattata. Inoltre con la vertebroplastica l’effetto antalgico della lesione ossea è pressochè immediato a differenza della RT che impiega solitamente alcune settimane per ottenere l’analgesia.

Negli ultimi anni la tecnica viene applicata anche nei casi di marcato collasso della vertebra (vertebra plana) o quando la parete posteriore della vertebra è interrotta dal tumore ed il rischio di fuoriuscita del cemento dal corpo vertebrale risulta maggiore.

TECNICA:

per via transpeduncolare si posiziona agocannula da vertebroplastica nel corpo vertebrale con guida fluoroscopica (fig.1);
con la TC si segue il decorso dell’ago evitando le complicanze da errato posizionamento dell’ago (fig.2);
sotto guida radiologica continua si inietta il cemento ortopedico nel corpo vertebrale mionitorando costantemente eventuali stravasi indesiderati (leak) di materiale cementante; (fig.3)
con la TC si controlla infine il risultato della vertebroplastica e le eventuali complicanze (fig.4).

Per saperne di più sulla vertebroplastica percutanea scarica il pdf

La cementoplastica (osteoplastica) può essere eseguita sotto guida radiologica non solo a livello delle fratture vertebrali ma anche nel trattamento delle metastasi situate nel restante scheletro quali omero, bacino, sacro e femore.  E’ noto che più del 40% dei pazienti con metastasi dolore delle ossa già trattate con terapie convenzionali quali RT, chemioterapia, antidolorifici, continua ad avere dolore. Inoltre il segmento osseo sede della metastasi presenta un elevato rischio di frattura. La cementoplastica consente la scomparsa immediata del dolore e rinforzando l’osso previene la frattura o ne consente il consolidamento se già presente, favorendo la guarigione della frattura stessa (1 caso omero). La terapia è molto efficace e le complicanze sono rare.

Analogamente alla vertebroplastica anche l’osteoplastica extravertebrale si esegue con l’ausilio della fluoroscopia e della TC che permettono il posizionamento preciso dell’ago all’interno della lesione ossea. Verificato il corretto posizionamento dell’ago si impianta il cemento acrilico (polimetilmetacrilato – PMMA) che si solidifica in 10-15 minuti circa determinando la scomparsa del dolore e il consolidamento della frattura. Dopo 2 ore il paziente può già alzarsi e deambulare.   La procedura viene eseguita in anestesia locale o con leggera sedazione, in regime di Day-Surgery grazie alla immediata remissione del dolore e al rapido recupero funzionale.

Le procedure combinate di R.I. consistono nell’eseguire, solitamente nella stessa seduta operatoria, 2 metodiche in rapida successione (TARF + vetebroplastica, crioablazione + osteoplastica  etc). Ciò comporta minor disagio per il paziente (si esegue un unico ricovero per completare il trattamento), minore possibilità di complicanze periprocedurali (un sola sedo-analgesia; l’inserimento di un minor numero di cannule di lavoro) e miglior risultato finale conseguito.

Tecnica:

a)  previa anestesia locale (sottocutanea e sul periostio) si posiziona sotto guida radiologica  agocannula da osteoplastica (fig 1).

b) all’interno della cannula per la cementoplastica si inserisce l’agoelettrodo per la termoablazione e si esegue la Tarf (fig 1).

3) terminata la Tarf, utilizzando la stessa cannula già posizionata si impianta sotto guida radiologica continua (per evitare stravasi indesiderati di cemento) il cemento acrilico.

Dekompressor

La discectomia percutanea con tecnica “dekompressor” consiste nell’inserimento sotto guida radiologica di una sonda (fig 1) al centro del disco intervertebrale sede dell’ernia. E’ una tecnica mini-invasiva, eseguita in anestesia locale sotto guida fluoroscopica o fluoro-TC. E’ eseguibile in regime di Day Surgery in quanto dopo poche ore dall’intervento il soggetto può tornare a casa. L’autonomia è pressochè immediata e si può riprendere il lavoro dopo 1 settimana dall’intervento.

E’ indicata nel trattamento dell ernie discali cervicali, dorsali e lombari (le più frequenti). Il trattamento viene eseguito anche in presenza di semplice protrusione discale, quando si accompagna a conflitto tra radice e disco, non responsivo alla terapia farmacologica o fisioterapica.

Medicazione dell'anca.

Nei casi di coxartrosi (artrosi dell’articolazione dell’anca) con dolore ribelle al trattamento farmacologico, trova indicazione, specie in fase di riacutizzazione del dolore con notevole limitazione funzionale, il trattamento intrarticolare con farmaci cortisonici ed anestetici. Questi farmaci, se direttamente somministrati nel cavo articolare, possono determinare una rapida risoluzione della sintomatologia dolorosa e la ripresa della deambulazione. Il trattamento può essere ripetuto. Il trattamento  è indicato anche se in attesa che il paziente debba essere operato di sostituzione protesica d’anca.

Trattamento farmacologico dell’articolazione dell’anca sx sotto guida TC.

a) artrosi dell’anca con dolore cronico ed impotenza funzionale (paziente allettato) ;

b) inserimento dell’ago nello spazio intrarticolare coxofemorale ed iniezione del farmaco.

Dopo il trattamento il paziente deve rimanere a letto per 24 ore.